Novità

L’uomo del treno

Di Fabrizio Altieri

Piemme edizioni

L’idea per scrivere questo romanzo è nata dalla storia del prof. Borsuk, matematico polacco costretto a rifugiarsi e reinventarsi commerciante per scampare alla persecuzione nazista. Il professore progetta un gioco tuttora esistente, commercializzato con il nome Superfarmer.

La vicenda di quest’uomo in realtà per Fabrizio Altieri è poco più che uno spunto per costruire quella di Andrea, uno dei protagonisti del romanzo, che come Borsuk insegna matematica ed essendo di religione ebraica subisce le conseguenze  delle leggi razziali prima, della deportazione dopo.

Anche Andrea inventa un gioco che ha come protagonisti gli animali della fattoria e lupi e volpi che cercano di cibarsene.

A quella del professore si legano le storie di altri personaggi, protagonisti a vario titolo di una resistenza umana prima ancora che fisica.

La costruzione di ognuna di queste vicissitudini porta con se domande ed interrogativi che vengono posti al lettore e sono disseminati nel corso del libro senza trovare altra risposta se non nel presente. Infatti, nonostante si tratti di eventi ambientati in un momento preciso della storia italiana ed europea, ciò che ogni lettore riesce soprattutto ad abbracciare ed accogliere, è proprio il grande valore della vita, quello stesso che è stato calpestato e vergognosamente negato, ma che alla fine emerge e prevale anche su un campo in cui si contano i morti.

Andrea avrebbe voluto insegnare la matematica a sua figlia con il suo gioco. Per uno scherzo del destino però sfugge al sequestro da parte dei fascisti, che portano invece via la bambina e la madre, prelevate e condotte su un treno con una destinazione ignota. L’uomo  le cerca allora disperatamente, convinto di poterle raggiungere e portare in salvo. Con se ha solo la valigia del gioco. Gli eventi che succedono a questa sua partenza gli fanno abbandonare qualsiasi speranza di rivederle.

Andrea finisce in un campo di lavoro, insieme a moltissime altre persone destinate ai campi di sterminio. Qui incontra numerosi bambini e saranno loro, nonostante lui abbia smarrito qualsiasi ragione di vita, a fargli ritrovare un motivo per cui continuare ad aprire gli occhi. Quei bambini si ritrovano tutte le sere, in quella unica ora che viene loro concessa, per giocare insieme ad Andrea al gioco della fattoria. Nella desolazione di un campo in cui sono stati privati dell’essenziale, l’inutilità e la gratuità di un gioco diventano il brandello sottile al quale legarsi per rintracciare la vita.

Gli altri protagonisti di questo denso e coinvolgente romanzo tentano più volte di portare in salvo Andrea, organizzandogli la fuga, donandogli una possibilità salvezza che lui puntualmente rifiuta. Lui cerca e trova la vita in uno spiraglio che si apre nel sorriso e nell’attesa dei bambini. Se si sottraesse a quel momento, se accettasse di fuggire, come potrebbe ancora guardare negli occhi un bambino?

Sono proprio degli occhi a costituire il motore dell’intera vicenda narrata. Gli occhi spenti intravisti tra le fessure di un vagone merci. Quegli occhi suscitano la curiosità di Orso, altra figura centrale del romanzo, e del suo amico Mario. Sono gli occhi dei prigionieri condotti nei campi di sterminio. E per poterli rivedere, per poter restituire loro un po’ di vita che viene organizzato un piano, in parte fallito.

Gli occhi sono quelli finti di un manichino, in cui Giuliana (che affianca Orso e Mario) cerca il ricordo di quelli appartenuti a suo fratello partito per il fronte.

Gli occhi sono quelli spenti per il dolore delle persone scomparse.

Gli occhi sono quelli che dietro l’obiettivo di una fotocamera possono congelare un viso, tentando di preservarne la memoria.

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